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martedì 24 luglio 2012

La Spagna nella bufera scrive all'Ue Italia e Francia non firmano l'appello


BRUXELLES
Sale la pressione sulla Spagna, nell’occhio del ciclone dei mercati e sotto la lente dei governi dell’eurozona. E forse nel disperato tentativo di resistere a una nuova richiesta di aiuti, è arrivata oggi da Madrid la prima gaffe diplomatica, che certo non rassicura sulla reale solidità delle finanze iberiche.

Segno evidente dei nervi a fior di pelle, il governo spagnolo ha infatti pubblicato oggi sul suo sito un appello all’Ue a nome non solo suo ma anche di Italia e Francia per chiedere «l’esecuzione immediata degli accordi» presi al vertice di Bruxelles di fine giugno per aiutare i paesi sotto il tiro della speculazione. Con tanto di nome e cognome dei ministri, Enzo Moavero per l’Italia e Bernard Cazeneuve per la Francia, e luogo dell’intesa, il Consiglio affari generali tenutosi oggi a Bruxelles. Non solo. Secondo il segretario di Stato spagnolo per l’Unione europea, Inigo Mendez da Vigo, anche Danimarca e Irlanda, rispettivamente presidenza Ue uscente ed entrante, avrebbero «appoggiato questi interventi».

Secche ed irritate le smentite arrivate da Roma e Parigi, stupite dall’irrituale uscita della Moncloa e preoccupate probabilmente a non dare l’impressione di voler mettere la Germania nell’angolo. «Non c’è stata un’iniziativa comune con Italia e Spagna», ha tranciato netto Cazeneuve, mettendo in chiaro di non avere «mai parlato» della questione con Moavero e Mendez da Vigo. E anche Palazzo Chigi ha voluto sottolineare la sua estraneità, manifestando «stupore» per una «iniziativa della quale il governo italiano non è al corrente». Malgrado appena qualche ora prima era stato anche il ministro dello Sviluppo Corrado Passera a spronare l’Europa a dare un segnale immediato per arrestare la corsa dello spread. In realtà, l’ ’equivocò stamattina a Bruxelles sarebbe sorto dal giro di interventi sul post-vertice Ue, tradizionale esercizio in cui ogni Paese è chiamato ad esprimersi nel corso della riunione del Consiglio Affari generali cui hanno partecipato i tre ministri in questione.

Nel corso della riunione sia Francia che Italia, come altri Paesi, si sono genericamente espresse a favore dell’accelerazione delle decisioni prese all’ultimo Consiglio europeo, e in particolare delle misure a favore della crescita. E qui scatta l’iniziativa autonoma della Spagna, che lancia la nota e la diffonde alla stampa, pubblicandola sul sito ufficiale del governo. Se non un giallo, quindi, certo si è trattato di un passo più lungo della gamba. Tanto che dopo il "richiamo all’ordine" giunto da Parigi e Roma, Madrid ha dovuto togliere dal sito la nota incriminata. Una confusione palpabile che contrasta con l’atteggiamento di ostentata calma assunta negli ultimi giorni da Bruxelles, dove i responsabili partono per le vacanze e non c’è segno di mobilitazione imminente. «Non c’‚ nessuna convocazione di un Eurogruppo straordinario in vista» sulla Spagna, ha infatti affermato il portavoce del presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker, ricordando che i ministri delle Finanze dell’eurozona hanno «appena deciso aiuti per il settore bancario» iberico e che quindi «non c’‚ nessuna urgenza».

Anche la decisione di Moody’s di abbassare a "negative" le prospettive per Germania, Olanda e Lussemburgo sono state accolte dallo stesso Juncker con una generica dichiarazione in cui si riafferma l’impegno a «garantire la stabilità dell’Eurozona nel suo insieme». Un immobilismo che stride con l’iperattivismo del ministro delle Finanze iberico Luis de Guindos, oggi a Berlino dal suo omologo Wolfgang Schaeuble, e domani a Parigi da Pierre Moscovici. In una nota - stavolta sì congiunta - diffusa in serata, de Guindos e Schaeuble si sono detti d’accordo nel velocizzare l’applicazione delle decisioni Ue, con riferimento però non allo scudo antispread bensì ad «una effettiva unione bancaria, con una costruzione completa di un organismo di controllo» degli istituti anche «per recuperare la fiducia nelle banche spagnole». Da Bruxelles, però, fanno notare che il vero nodo è in realtà ancora una volta la Grecia, che costituisce un vero e proprio «rischio sistemico» per tutta l’eurozona. Non è un caso che giovedì il presidente della Commissione Ue Josè Barroso volerà ad Atene (da oggi è tornata la Troika) dove era dal giugno del 2009 che non si era più recato di persona. Ad aspettarlo, il premier greco Antonis Samaras.

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